di Francesca Dalrì La ricerca "L’oro rosso. L’assalto alle cave di porfido in Trentino" a cura di Francesca Dalrì e pubblicata sulla Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano, ha permesso di ricostruire come la ’ndrangheta si sia insediata nei Comuni del porfido sfruttandone prima le debolezze economiche e successivamente quelle istituzionali, nonché come l’inserimento di soggetti legati alla mafia calabrese non solo non sia stato ostacolato dal territorio di approdo, ma abbia trovato terreno fertile proprio nei processi amministrativi opachi e nella gestione lobbystica del settore estratti-vo che da sempre caratterizzano una porzione di Val di Cembra. Sempre più di frequente nei processi di radicamento delle mafie, e soprattutto della ’ndrangheta, al Nord Italia emerge il ruolo decisivo della cosiddetta “area grigia”, che in molti casi, come avvenuto proprio a Lona-Lases, i mafiosi trovano già predisposta e funzionante al proprio arrivo, e alla quale contribuiscono con le proprie risorse e competenze fatte di violenza, accordi collusivi e capitali illeciti (Rocco Sciarrone (a cura di), Mafie del Nord, cit., p. XII). Dopo quasi tre anni di commissariamento straordinario per assenza di candidati disponibili a guidare il piccolo Comune di Lona-Lases, il 25 febbraio 2024 è stato eletto sindaco l’avvocato di Trento Antonio Giacomelli. La presenza nel ricco e sviluppato Trentino di un Comune infiltrato dalla ’ndrangheta e incapace di ridarsi un’amministrazione democra-ticamente eletta aveva fatto sì che il caso di Lona-Lases venisse trattato anche dalla stampa nazionale. L’impressione è che l’elezione di febbraio abbia fatto ripiombare la vicenda nel buio mediatico. Ciò non si è verificato solo a livello nazionale: anche l’attenzione dell’istituzioni provinciali e della stampa locale è calata drasticamente, quasi nell’illusione che, concluso il commissariamento, il “problema Lona-Lases” sia stato risolto. Ciò, da un punto di vista della prevenzione e del contrasto alle organizzazioni criminali, appare quantomeno preoccupante, anche considerata la già ridotta presa di consapevolezza delle istituzioni e della società civile trentina rispetto a quanto accaduto. Ad oggi, le più alte cariche istituzionali della Provincia si sono mostrate unanimi nel sostenere che quanto avvenuto a Lona-Lases rappresenti un unicum e, in quanto tale, costituisca una situazione irripetibile, alimentando la già diffusa narrazione di una terra sana e ricca di anticorpi. Audito dalla Commissione parlamentare antimafia (C.P.A., Missione a Trento, resoconto stenografico audizioni 09.05.2022, p. 4), l’ex commissario del Governo della Provincia di Trento Gianfranco Bernabei ha sostenuto: “Questa vicenda (il processo scaturito dall’operazione denominata “Perfido”, ndr) ha avuto anche un ampio risalto mediatico e ha rappresentato quasi una sorta di elettroshock per l’opinione pubblica di questa Provincia che, però, come ho già detto, è molto attenta, con un senso civico molto elevato, il che favorisce un controllo del territorio altrettanto accurato”. Sulla stessa linea, la valutazione dell’ex questore di Trento ed ex commissario straordinario di Lona-Lases Alberto Francini, il quale ha affermato: “Sicuramente non c’è un radicamento sul territorio della criminalità organizzata” ( C.P.A., Missione a Trento, resoconto stenografico audizioni 09.05.2022, p. 8). A colpire è la discrepanza tra l’analisi dei rap-presentanti provinciali e quella del capo della Direzione Investigativa Antimafia (D.I.A.) del Triveneto Paolo Storoni ( C.P.A., Missione a Trento, resoconto stenografico audizioni 09.05.2022, pp. 12-13), secondo cui è in corso una “negazione del fenomeno”. I rapporti di cointeressenza instaurati con amministratori, politici e istituzioni appaiono l’aspetto di maggior interesse dell’analisi, nonché ciò che si auspica verrà approfondito da successive ricerche, alla luce di quanto emergerà dal secondo filone del processo in corso, ma soprattutto attraverso nuovi studi accademici, i quali, non essendo costretti a operare nel solo perimetro dei comportamenti considerati illeciti, sono in grado di restituire un quadro ampio e variegato, più vicino alla reale qualità dell’insediamento mafioso. Ciò sarebbe peraltro un primo importante passo affinché il tema superi il perimetro dell’azione repressiva degli organi di contrasto per entrare a pieno titolo nel dibattito pubblico anche in Trentino. Leggi la versione integrale su Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata vol. 10 n. 3 (2024) – ISSN 2421-5635 disponibile al link:
Redattrice de “Il T Quotidiano Autonomo del Trentino-Alto Adige/Südtirol” e collaboratrice dell'Osservatorio Trentino Legalità.
https://riviste.unimi.it/index.php/cross/index